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I muretti a secco

I muri a secco sono uno degli elementi caratteristici del nostro territorio; durante l’inverno, quando il lavoro agricolo era limitato, i contadini liberavano il terreno dalle pietre e le utilizzavano per la costruzione di muri, utili per il sostegno dei terrazzamenti. Ai piedi si usavano blocchi più grandi mentre i più piccoli servivano per l’elevazione. Gli interstizi erano tamponati con scaglie e pietre più piccole. Dietro al muro veniva messa una massadi materiale minuto per favorire il drenaggio.

Dal punto di vista della difesa del suolo infatti, il muro a secco è un grande filtro, e il terrazzamento, in tutta la sua estensione, è un grande sistema regolatore delle acque che scorrono sulle pendici dei versanti. I terrazzamenti consentono una buona lavorazione e riducono la velocità dell’acqua piovana evitando l’erosione del suolo. In dialetto i muretti a secco vengono definiti “marogne.

LA VITA NEI MURETTI A SECCO(1) 

Sul muro si trovano piante a sviluppo ridotto e più adatte a sopportare il calore riflesso dalla parete e la siccitàsi tratta spesso di piante grasse, tipo erba pignola. Nello spazio tra una pietra e l’altra si insinuano specie che sfruttano le poche gocce di umidità disponibile e il terriccio accumulato dal vento (parietaria e felci). Muro e piante costituiscono un vero e proprio biotopo nel quale il muro svolge una funzione di difesa, ma è anche in grado di influenzare favorevolmente il microclima agendo nei mesi estivi da condensatore di rugiada, consentendo così a numerose specie di superare la crisi idrica estiva. I licheni e i muschi sono i pionieri e formano un substrato che permette poi la nascita di altre piante superiori. Le fessure inoltre offrono rifugi dove si riproducono insetti come i ragni ed animali come roditori e rettiliTra questi ultimi le lucertole sono le più numerose. L’edera rampicante impedisce la crescita di altre piante ma contribuisce alla funzione di contenimento del terreno.

TERRAZZAMENTI E AGRICOLTURA (2)

Fino alla metà del XX sec. questo versante del monte rivolto a sud, su cui è arroccato il paese, era coltivato soprattutto a viti e ad olivi e quindi non c’era il bosco. Si presentava terrazzato e più spoglio di quanto appare ai nostri giorni. Il sentiero che sale dolcemente con tornanti, segue il percorso di un’antica mulattiera sulla quale dovevano passare i carri usati per i lavori agricoli.

EDERA(3) Hedera helix, Famiglia Araliaceae

Originaria dell’Europa è comune nelle zone temperate. Raggiunge grandi dimensioni, fino a 30 m. Si diffonde su vecchi muri e forma tappeti sul suolo dei boschi; può vivere anche più di 500 anni. C’è chi la chiama “boia degli alberi” eppure essa non vive da parassita: infatti, pur arrampicandosi sugli alberi, non ne succhia la linfa. Presenta infiorescenze globose in autunno e frutti neri, tossici, in inverno.

L’EDERA NEL MITO

Nell’antichità si pensava che questa pianta avesse la capacità di calmare gli ardori del vino e quindi corone di edera erano poste sul capo dei partecipanti alle feste del dio BaccoNella mitologia celtica è legata al culto del serpente e del drago, simboli dell’oltretomba. L’edera era considerata un’importante pianta magica contro gli spiriti maligni, simbolo di fedeltà e di prosperità. È una pianta velenosa (le bacche sono particolarmente pericolose), ma fin dall’antichità ha conosciuto anche applicazioni mediche per depurare il fegato o per calmare la tosse o come cicatrizzante. Nelle nostre zone una foglia d’edera insaponata veniva messa sui calli che si diceva scomparissero in tre giorni.

l CTG El Preon Aps ha deciso di dedicare questo percorso fra natura, storia e tradizione alla memoria di uno dei soci fondatori del gruppo, Romano Giacomelli, instancabile sostenitore della cultura e del mondo scolastico cavaionese, recentemente scomparso.